Il quotidiano "L'Unione Sarda" ha pubblicato oggi la lettera ricevuta da Bruno Conti dedicata al figlio, autore di una doppietta nella gara contro il Torino, in cui festeggiava le trecento partite in Serie A.
Di seguito riportiamo l'intero contenuto della lettera pubblicata dal quotidiano isolano.
“Pensavo di averle vissute e provate tutte, poi mi ritrovo a 58 anni sul divano davanti alla tv con le lacrime agli occhi, e tua madre accanto, non spiccica parola, mi guarda incantata e troppo emozionata e felice per parlare e rompere l’incantesimo. Già ci avevi fatti piangere l’anno scorso con Brunetto, ora Manuel. La stessa scena, la stessa gioia. Perché quell’abbraccio racconta una famiglia, la nostra famiglia. Perché tutti conoscono il grande calciatore che sei diventato, in pochi però sanno quanto tu sia un grande uomo, un grande figlio, un grande padre.
Di seguito riportiamo l'intero contenuto della lettera pubblicata dal quotidiano isolano.
“Pensavo di averle vissute e provate tutte, poi mi ritrovo a 58 anni sul divano davanti alla tv con le lacrime agli occhi, e tua madre accanto, non spiccica parola, mi guarda incantata e troppo emozionata e felice per parlare e rompere l’incantesimo. Già ci avevi fatti piangere l’anno scorso con Brunetto, ora Manuel. La stessa scena, la stessa gioia. Perché quell’abbraccio racconta una famiglia, la nostra famiglia. Perché tutti conoscono il grande calciatore che sei diventato, in pochi però sanno quanto tu sia un grande uomo, un grande figlio, un grande padre.
Mi capita
spesso di ripensare a quella mattina in cui mi chiamò il direttore sportivo
della Roma Franco Baldini per comunicarmi la tua cessione al Cagliari in
comproprietà per una stagione. Proprio in Sardegna, pensai, la terra in cui io
e tua madre ci eravamo innamorati nell’estate dell’82. Ero felicissimo, anch’io
poi mi sono dovuto fare le ossa al Genoa prima di giocarmela nella Roma. Forse
all’inizio, in cuor mio, speravo di rivederti presto con la maglia giallorossa,
e quel gol al Perugia sotto la Sud resterà un ricordo indelebile. Quindici anni
dopo è andata in tutt’altro modo. Una storia diversa, forse più bella, di
sicuro speciale. Hai fatto una scelta importante, la più difficile, ma alla
fine hai vinto tu.
Ricordo i primi
momenti al Cagliari, l’esordio, i sogni, le difficoltà. Per anni ti sei portato
sulle spalle quel cognome pesantissimo, ingombrante. Soffrivo quando la gente
ti paragonava a me, non era giusto. Col tempo però, hai zittito tutti, poi li
hai conquistati sul campo. Col talento, con la forza, col carattere. E in
questo si, siamo uguali perché entrambi siamo testardi e corretti allo stesso
tempo, non cerchiamo sotterfugi, guardiamo tutti in faccia a testa alta con la
cultura del lavoro e della famiglia.
I due gol al
Torino mi hanno ricordato quello al Napoli nel 2008. Proprio in questi momenti
vengono fuori gli uomini duri. E da capitano vero a fine partita, ti ho
ascoltato commosso, hai dedicato la vittoria ai compagni e ai tifosi.
Forse dal vivo
io e tua madre non ti abbiamo ma realmente detto quanto siamo orgogliosi di te.
Oltre ad aver onorato il nostro sangue in campo, hai portato avanti,
grazie anche a tua moglie Valeria, i valori della nostra famiglia in una
società complicata, problematica e superficiale, come faceva tuo nonno Andrea,
muratore e padre di sette figli. E per questo, figlio mio, non smetteremo
mai di ringraziarti”.
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